Abbiamo fatto la rivoluzione… e ora?

Anche quest’anno è giunto il momento di celebrare la tanto attesa festa della donna, non tanto per il simbolo che essa rappresenta, ma per un’ usanza che ormai è entrata a far parte della nostra cultura.
Più delle altre essa mette in luce la falsità di questa ricorrenza, che si palesa come una celebrazione del gentil sesso, accostata al consumismo e all’ ignoranza collettiva; è credenza popolare infatti pensare che tale data sia commemorativa del triste incendio che, nel 1908, distrusse la famosa industria tessile “Cotton” di New York, nella quale lavoravano solo operaie donne. In realtà questo fatto non è mai accaduto, ma è stato probabilmente confuso con l’incendio di un’ altra fabbrica tessile della medesima città, dove la maggior parte del personale deceduto era di sesso femminile.
Ma perchè allora, a fronte di tutti gli avvenimenti della medesima portata, si è scelto di evidenziare questo capitolo drammatico della storia? Semplice: in quel periodo storico era necessario un simbolo che evidenziasse l’importanza della figura femminile; la donna non era più la semplice casalinga, che tra i mille impegni quotidiani viveva protetta dalle mura domestiche ed era mantenuta dal marito, anzi era divenuta un membro attivo della società e non era più disposta solo a lavorare e impegnarsi al pari dell’uomo, ma anche a morire per quella desiderata parità.
Saremmo dunque tutti d’accordo nel lasciare da parte per qualche secondo le mimose, per concentrarci meglio sull’evoluzione che questa festa ha subito nel corso dell’ultimo secolo.
Un tempo donne di ogni età hanno lottato contro un sistema maschilista e misogino, hanno manifestato per i loro diritti e per questo sono state incarcerate e maltrattate; nonostante questo non si sono arrese ed è grazie a questa determinazione che ora noi, ragazze del xxı secolo, abbiamo tutto ciò che abbiamo. Purtroppo  NOI non sembriamo più molto interessate a raggiungere la parità dei diritti. Complici la tecnologia, i social network e la perenne condivisione della nostra immagine che alienano da ciò che ci è attorno, da ciò per cui NOI potremmo dare un contributo. Ma d’ altronde perchè lottare per qualcosa che sentiamo così lontano da noi stesse? Perché sforzarci di pensare con canoni diversi da quelli che vuole la società?
Credo che quasi nessuno, posto davanti alla realtà, sia così ottuso da non realizzare che effettivamente non va tutto bene, che la società ha ancora molto da cambiare e non è tardi, anche nel nostro piccolo, per dare una mano.
In ogni caso, nonostante la festa della donna non venga intesa solo come simbolo della lotta per la parità dei sessi o come celebrazione dell’universo femminile in generale, ma molto più semplicemente come un giorno libero da regole al solo scopo ricreativo, non va mai sottovalutata l’importanza di difendere il diritto di uguaglianza. Non vi è cosa più importante che rendersi conto, ora più che mai, che i confini del sesso, della razza o della religione in realtà non esistono. Ogni giorno, e non solo l’8 marzo, un fiore simbolico andrebbe regalato all’ideologia di un mondo equo, perchè si impari a vivere nell’uguaglianza sempre.
In fondo a chi non piacerebbe essere festeggiato tutto l’anno?

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