Falso allarme bomba: la bomba non c’è stata ma si è creata

Torino sotto panico.

Ecco cos’è successo ieri, 3 giugno 2017, nel centro città durante la partita Juve-Real Madrid proiettata sul maxi-schermo in piazza San Carlo a Torino.

Doveva essere una serata fra amici, tifosi e non, per festeggiare la fine della scuola, e invece si è trasformata in un incubo quando in seguito al terzo gol segnato dal Real Madrid la ringhiera di un parcheggio di piazza San Carlo ha ceduto, probabilmente per il peso delle persone appoggiate, provocando un rumore che hanno sentito tutti, simile a quello di una bomba. Qualcuno ha poi pensato bene di far scoppiare dei petardi, di cui il rumore conosciamo tutti, che ha alimentato il sospetto di un attacco terroristico.
“Mi trovavo al centro di piazza San Carlo, esattamente sotto la statua del cavallo. Non ho fatto neanche in tempo a girarmi che un’intera ondata di persone mi ha travolto e mi ha portato via da dietro. Era un’energia cinetica provocata dalle persone, non ero io a camminare, mi facevano camminare. Sotto i piedi sentivo trafitte nelle suole schegge di vetro perchè per terra c’erano bottiglie di birra calpestate.” racconta un ragazzo che è riuscito ad arrivare nel nostro rifugio.
Le bottiglie, le maglie della juve, le borse, i cellulari, il sangue non erano gli unici calpestati, insieme a loro, come pattumiera, anche diverse persone, che schiacciate dal peso della massa non riuscivano più ad alzarsi.
Chi poi è riuscito ad alzarsi ferito è scappato il più lontano possibile da quel macello, per andarsi a lavare a turno nei vari toretti, che sembravano sputare sangue invece che acqua.
Senza nemmeno sapere ciò che stava succedendo ed affidandomi alle urla della gente “scappate, stanno arrivando”, “ci sono stati degli spari, hanno ferito mio fratello”, “sta per scoppiare un’altra bomba”, ho preso per mano i miei amici e siamo corsi il più lontano possibile. Nonostante tutta la gente che avessi intorno stesse piangendo chiamando i propri cari, avevo ancora la mente lucida da ricordarmi del video atroce che avevo visto su Stoccolma che riprendeva il camion bianco che uccideva a tutta velocità le persone che si trovavano sulla via principale. E quelli che stavano filmando erano dentro ad un negozio! La cosa migliore perciò era: togliersi dalla via principale (via Po nel nostro caso) per defilarci in una parallela (via Sant’Ottavio) e suonare insistentemente ad una casa, nella speranza che ci aprisse. Chi ci ha accolto nella propria aula studio, sono stati dei ragazzi dell’università di Palazzo Nuovo che stavano addirittura studiando. Altri ragazzi che si trovavano per strada sono entrati nel rifugio dove ci siamo stretti tutti nel bagno. Lì ho sentito dei forti sentimenti verso: i miei genitori con mia sorella, per cui ero preoccupata, perchè sapevo che si stavano dirigendo verso la piazza, ma per fortuna alla vista delle persone che correvano contro la loro direzione alla fine sono riusciti ad entrare in un bar; lo stesso per due mie amiche che da piazza Castello hanno percorso tutta una viuzza nella confusione fino a piazza Statuto dove le hanno raccolte i genitori; per un mio amico che avevamo perso nella folle corsa alla sopravvivenza; e per i ragazzi, che soffrivano con me in silenzio in quel bagno alla turca stretto e buio per non farci scoprire. Sentivo il fiato della paura sul collo, le lacrime che cadevano al suolo e le crisi di tutti. In quel clima ci siamo abbracciate con una mia amica e ho sentito il vero sentimento dell’amicizia quando cercavamo di proteggerci l’un l’altra, e di solidarietà quando ci facevamo forza a vicenda con tutti i ragazzi. Poi finalmente la luce e l’aria, tutti sulla strada a chiamare i propri famigliari e a tornare a casa il più in fretta possibile. Non prima di aver ascoltato le testimonianze dei ragazzi senza scarpe che si lavavano le gambe piene di sangue al toretto di fronte all’aula studio e raccontavano sotto shock ciò a cui avevano assistito. Mi ha impressionato una famiglia con dei bambini piccoli che non riusciva a trovare la figlia maggiore. La madre stava avendo un attacco di panico che non dimenticherò mai. In quel momento ho capito che dovevamo andarcene subito a tranquillizzare i nostri genitori. Quando sono arrivata alla macchina la mia sorellina era spaventatissima che mi fosse successo qualcosa come alla gente che aveva visto buttata per terra piena di sangue. Sono scene che rimangono, soprattutto ai bambini. Spero si riprenda presto quel bimbo di 3 anni ricoverato all’ospedale col codice rosso, quella ragazza finita in coma e tutti i feriti (1400) che affollavano l’ospedale Mauriziano davanti al quale sono passata ieri notte, quando la Juve è stata sconfitta.
C’è ancora chi è giù per la vittoria del Real Madrid, ma a Torino piuttosto chi ha vinto è stato il terrore.

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