L’altro 11 settembre- Il Cile e il sangue della Democrazia
A settembre di tutti gli anni, ricordiamo moltissimi anniversari che possono essere riconducibili a ferite, più o meno aperte, della nostra storia. Basta pensare all’anniversario dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale, oppure allo stesso 11 settembre. Lo stesso modo in cui viene scritta la data, ‘’11 settembre’’… questo numero è così tremendamente evocativo che quasi quasi le stesse due cifre identiche, una vicina all’altra, ci fanno immaginare le due torri che in poche ore sono scomparse dallo skyline newyorkese, trascinando con loro migliaia di vite umane.
La risonanza mediatica intorno a questa data, suo malgrado, mette in ombra un’altra importantissima ricorrenza: l’anniversario del golpe cileno e la morte di Salvador Allende. L’11 settembre 1973, infatti, venne consumata una strage davanti agli occhi del mondo intero. I due avvenimenti possono essere accomunati da un fortissimo sentimento antidemocratico, pur essendo ideologicamente molto diversi. Questa data, associata agli Stati Uniti, ci ricollega ovviamente al fondamentalismo di matrice islamista; mentre fino al 2001 si ricordava il colpo di stato militarista che sostituì il governo con una giunta formata da membri di spicco delle forze armate. Tuttavia, per capire l’importanza che gira intorno al ricordo, dobbiamo fare qualche passo indietro.
Nel Cile degli anni del secondo dopoguerra, i socialisti e la coalizione della sinistra (guidati dal socialista democratico Salvador Allende) acquisirono molto più potere, soprattutto tra le fasce più povere della popolazione e gli intellettuali, insieme a studenti e membri di spicco della società. Le riforme proposte erano infatti radicalmente progressiste e miravano su temi molto cari alla sinistra dell’epoca, come la riforma agraria e l’istituzione di diritti sindacali controllati e rispettati, assieme ad una tassazione più progressiva. Il Cile dell’epoca era un paese feudale, in cui pochissimi proprietari terrieri possedevano grandi quantità di terreno coltivabile e abitato che trasformavano in città di schiavi, pagati con buoni acquisto con cui potevano elemosinare le merci che loro stessi producevano.
I progetti di redistribuzione della terra, nazionalizzazione di alcuni settori e abbattimento dei monopoli suscitarono non poco terrore nei cuori dei latifondisti, che si organizzarono e sfruttarono la loro ricchezza per arginare il progressismo dilagante nel paese. La popolazione divenne sempre più divisa e la radicalizzazione politica iniziò a farsi strada nei cileni. La violenza dei militari e il cinismo di alcune fasce più anarchiche della sinistra, critiche verso il riformismo del Partito Socialista, iniziarono a corrodere i principi della democrazia liberale.
Le famigerate elezioni arrivarono, il 3 novembre 1973, ed i risultati non erano per nulla scontati. Allende e la sua coalizione (Unidad Popular) vinsero di un punto percentuale in più contro l’alleanza dei conservatori, che arrivarono davanti ai democristiani. Le riforme furono avviate, ma il governo non ebbe vita facile fin da subito. I festeggiamenti dei vincitori furono bruscamente interrotti dai sabotaggi dei latifondisti, dell’estrema destra e delle forze armate supportate dagli americani nella logistica e nel portafogli.
Per aumentare il tasso inflazionistico, i grandi proprietari diminuirono le quantità di merci, anche di prima necessità, in circolazione; con il chiaro obiettivo di far perdere prestigio al governo. La tensione continuò ad aumentare sempre di più, fino a quando, l’11 settembre 1973 avvenne ciò che tutti si aspettavano: nella prima mattinata i militari invasero le strade e costrinsero i passanti a camminare per Santiago come se nulla fosse: non dovevano assolutamente fare domande. I carrarmati e le camionette percorsero tutta la capitale in una lugubre processione, accerchiarono il Palacio de la Moneda (la Casa Bianca cilena) e intimarono alle persone all’interno di evacuare. Allende cecò di convincere più persone possibili ad uscire dall’edificio, ma alcuni suoi fidati collaboratori decisero di restargli accanto fino alla fine, ben consapevoli del fatto che sarebbero stati uccisi in ogni caso. Il presidente fece un discorso di commiato alla popolazione, chiedendo di continuare a lottare per la democrazia e la libertà utilizzando l’intelligenza, di essere resilienti. Poco dopo un caccia americano bombardò il palazzo, macchiandone per sempre le mura di sangue: il sangue della democrazia. Un membro di spicco dell’esercito, Augusto Pinochet, prese il controllo del paese, spalleggiato dai fascisti e dagli Usa (i burattinai dietro la tragedia).
Salvador Allende
L’11 settembre del 1973 ebbe inizio una delle dittature più evocative della storia del ‘900, sia a livello storiografico che emozionale. La tremenda repressione sarebbe stata ricordata a lungo, anche dopo la sua fine nel 1990, quando il regime abdicò in favore di elezioni democratiche. Il paese rimase stremato, sconvolto dalla brutalità di Pinochet; dalla violenza quotidiana, dagli scomparsi, dai morti.
Questa data, l’11 settembre, ci riporta alla mente brucianti ferite vissute in epoche e contesti diversi e che possono ricordarci l’importanza della democrazia, l’intelligenza nel saperla conservare, nel farla evolvere, l’incessante impegno nel difenderla.
Bibliografia: La Casa degli Spiriti & Lungo Petalo di Mare– Isabel Allende
Bravo Lorenzo, articolo molto originale