Il Braccio di Ferro tra Washington e Teheran
L’equilibrio politico mondiale, già scosso dagli scontri dei manifestanti filo-iraniani in Iraq, ha subito un grave colpo il 2 gennaio 2020, quando il generale della rivoluzione degli ayatollah Qassem Soleimani venne ucciso da un raid statunitense. Nella scena politica iraniana il sentimento fu unico e condiviso: sdegno. Subito dopo l’azzardato assassinio, gli Stati Uniti dichiararono di aver commissionato il raid come risposta agli attacchi perpetrati all’ambasciata americana di Baghdad. Secondo i vari politologi e giornalisti, invece, il bombardamento sarebbe solo la punta dell’iceberg della campagna che comprende una nuova ”guerra fredda” tra USA e Iran. I fatti che seguirono all’uccisione di Soleimani implicarono reazioni e dichiarazioni in molti paesi, tra cui anche l’italia. Il Primo Ministro Giuseppe Conte ed i partiti di governo hanno chiesto alle parti in causa di mantenere in piedi diplomazia e buonsenso. La salma di Soleimani ha percorso molti chilometri prima di arrivare ad Avhaz, sua città natale, dove si scoprì che, nel tentativo di avvicinarsi alla bara del generale, più di cinquanta iraniani sono rimasti uccisi soccombendo alla folla oceanica. L’Iran non perdette tempo. Dopo il lancio dell’operazione ”Soleimani Martire” sono stati lanciati 22 missili sulle basi americane anti-Isis di Ain Al Asad ed Erbil, dove sono peraltro presenti 400 militari italiani. Su dichiarazioni iraniana si diffuse la notizia di ottanta vittime provocate tra soldati americani e iracheni, ma la notizia fu presto smentita da Washington e Baghdad. In seguito si scoprì che l’Iran si preoccupò di avvertire il governo iracheno dell’attacco, che non perse tempo ad avvertire la CNN. In ogni caso i danni furono minimi e non ci furono militari feriti. Ad aggiungersi alla crisi vi fu la caduta del Boeing 737-400 appartenente alla Ukrainian International Airlines che provoco 176 morti tra: iraniani, canadesi, ucraini, svedesi, tedeschi e britannici. Anche questo evento a suscitato diverse reazioni, tuttavia i governi internazionali sono riusciti a mantenersi sul profilo diplomatico ed aperto a tutte le possibili piste. Molti hanno pensato che sia stato un missile iraniano (lanciato per errore o rappresaglia) a far precipitare il volo PS752, fino alla conferma ufficiale dello sbaglio da parte dei vertici iraniani. Per giorni sui social è spopolato il pericolo di una terza guerra mondiale o di un coinvolgimento di molti paesi medio-orientali in campo di scontro aperto. Gli studiosi e i giornalisti, comunque, smentiscono . Immediatamente dopo la crisi, i prezzi del petrolio hanno raggiunto uno dei picchi più alti registrati, segno che la rottura diplomatica possa influire economicamente anche a livello mondiale. Spostandoci verso il Medio Oriente le reazioni diventano più eclatanti e spinte, come vediamo nel caso libanese di Hezbollah o nel caso delle milizie sciite in Iraq. Per quello che vediamo adesso, sul Medio Oriente non aleggia vento di guerra e gli USA, insieme ad Israele, non sono coinvolti in nessuno scontro armato. Sulla scacchiera della diplomazia si ritorna sul posizionamento di gioco, senza nessuno ”scacco matto”. Infine, negli USA, i Repubblicani appoggiano in pieno Trump e i Democratici invocano la pace militare, accusando il presidente di sfruttare la crisi geopolitica per distogliere l’attenzione dalla procedura di impeachment che lo vede protagonista.