L’attacco turco alla Siria
Dopo l’annuncio pubblico di Trump, che esprimeva chiaramente il fatto di voler ritirare le truppe americane dalla Siria, il mondo e le organizzazioni internazionali sono rimaste col fiato sospeso.Il presidente degli Stati Uniti d’America inoltre, per giustificarsi della sua avventata dichiarazione ha utilizzato il fatto che i curdi non avessero aiutato gli USA durante la Seconda Guerra Mondiale e che il suo paese non potesse più sostenere guerre che non lo riguardino direttamente. La spinosità dell’argomento” Siria” si fa sentire anche in questa delicata circostanza, essendo in primo piano nell’azione una nazione divisa tra truppe governative, ribelli, jihadisti, curdi e ora turchi. L’azione di Donald Trump è discutibile anche per il fatto che, quando i terroristi islamici occuparono la totalità occidentale della Siria, gli statunitensi contarono sugli sforzi curdi che sacrificarono migliaia di vite per difendere il loro popolo e la libertà del paese. Dopo aver ottenuto la tranquillità desiderata, Washington si sbarazza del compito di difendere i curdi e lascia la via libera a Erdogan per occupare la regine del Rojava, zona libera controllata dai curdi che vi hanno instaurato un governo social-liberale e democratico. Le forze turche partono all’attacco e bombardano città ed avamposti curdi, fino a raggiungere la periferia di Kobane, città simbolo della resistenza del popolo libero. Erdogan, dopo aver messo a ferro e fuoco il confine turco-siriano, viene informato del fatto che il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, ha deciso di occupare una piccola striscia di terra, comprendente la città di Manbij, per evitare lo scontro diretto tra siriani e turchi. Dopo i primi giorni di fuoco, gli schieramenti si definiscono. Turchia e ribelli siriani si uniscono, pur avendo due nemici diversi, e stranamente le zone controllate dell’esercito libero siriano si fondono sotto la bandiera rossa con la luna e la stella. Assad, dittatore siriano fondamentalista, decide di allearsi con i curdi, intimidito dalla sete di potere di Erdogan che brama una zona di strategia così rilevante come il Rojava. Da giorni si combatte e Ankara pubblica persino le ragioni dell’offensiva, promuovendo l’immagine dei curdi terroristi che minacciano la pace turca. Le Nazioni unite e l’Unione Europea reagiscono con disgusto e sdegno nei confronti di Trump, Putin ed Erdogan, bisognosi di porre sotto la loro influenza tutto il Medio Oriente. Il dittatore Turco, come se non bastasse violare le convenzioni internazionali, minaccia l’Europa decretando che, se l’EU continuerà a definire la campagna come invasione, lui sarà pronto a spingere i flussi migratori siriani nei Balcani. In seguito alla spavalderia turca i paesi più influenti dell’Unione (Francia, Germania) dichiarano la sospensione della vendita di armamenti alla Turchia, azione apparentemente inutile. Davanti all’ennesimo scempio di un paese che non conosce pace da quasi nove anni, il mondo resta con gli occhi puntati su Ankara, Damasco e Kobane. Tre città, tre idee, una guerra.
Azzurro: Esercito Siriano
Arancione: Jihadisti
Giallo: Ribelli Siriani
Verde: Curdi
Rosso: Armate Turche e Ribelli Siriani alleati
Quadrati: Campi profughi
Triangoli: Campi di detenzioni per famiglie di sospetti Jihadisti
Linee: zone contese tra Turchia e Rojava Curdo