Ucraina- La nostra prima guerra

Sono passati ormai 4 giorni da quando, la mattina di giovedì 24 febbraio 2022, il cielo di tutta l’Ucraina si è illuminato e la morte ha cominciato a scendere sulle città, annunciando al mondo che la guerra era iniziata. Dopo settimane di tensione l’avvenimento più temuto ha infine avuto luogo, sconvolgendoci. Le agenzie di giornalismo continuavano a parlarci delle preoccupazioni dei leader dell’Occidente, Biden tra tutti, che consideravano l’invasione imminente. Le nostre menti, che hanno dimenticato quanto possa far paura il fragore delle armi e in cerca di leggerezza dopo due anni di pandemia, probabilmente non potevano accettare che i semi della guerra sarebbero germogliati di nuovo nel nostro continente.

 Attacco a Odessa: Il Digitale

Questa guerra, tuttavia, ha qualcosa di diverso rispetto ai conflitti lontani che la nostra Generazione Z abbia visto in precedenza. Abbiamo sentito parlare della tragedia umana che è stata la Jugoslavia, abbiamo visto i reportage giornalistici sulla Siria e del Donbass, ma mai era capitato di ricevere così tante informazioni in così poco tempo. Eravamo entrati in contatto con filmati amatoriali di questo genere già ad agosto, seguendo il dramma di Kabul. C’era tuttavia una grande ultima differenza nelle immagini: esse non ritraevano l’Europa.

Vedere i volti terrorizzati di persone che hanno la pelle chiara, i tratti caucasici, i tuoi vestiti, le tue scarpe e che camminano in strade che riconosci come europee ha un effetto completamente diverso da qualsiasi altra impressione ci abbia fatto la guerra in questi anni.

I cittadini ucraini riprendono con i loro cellulari, che sono anche i nostri, i missili che colpiscono i palazzi in stile sovietico che vediamo in qualsiasi altro paese esteuropeo. Chiunque può ritrarre momenti salienti di raid aerei e combattimenti, che iniziano a diventare di giorno in giorno più presenti su tutto il territorio. L’invasione russa dell’Ucraina rappresenta la prima guerra ai tempi dei social.

La crisi attualmente in corso ci ha sorpresi in molti suoi aspetti: la sua velocità, la reazione dell’informazione, la reazione degli aggressori ma soprattutto la risposta degli attaccati e dei solidali.

L’invasione ci sembrava qualcosa di lontano e impossibile e quando si è concretizzata sotto i nostri occhi, non abbiamo potuto fare altro che accettarla. Pensavamo che la situazione avrebbe raggiunto il punto massimo di tensione per poi sgonfiarsi, ma pochi di noi erano certi che la corda si spezzasse. Una volta iniziata l’avanzata delle truppe russe, il quale obiettivo è ‘’mettere in sicurezza la Russia’’ pensavamo che esse si sarebbero limitate a stabilizzare la loro posizione nelle regioni orientali e in Crimea, ma invece abbiamo assistito agli assedi di Kiev, Kherson e Kharkiv e alla conquista di Melitopol, di Berdiansk…

 Soldati: Adnkronos

Putin pensava di condurre una guerra lampo, che i militari ucraini avrebbero posato le armi al passaggio dei suoi soldati e che la popolazione avrebbe accettato passivamente la conquista del paese e le imposizioni del Cremlino. Qualche giorno dopo eccoci qui a parlare della resistenza dei cittadini che, costruendo bombe molotov e presidiando le città con milizie civili, difendono il loro paese come possono, in attesa di aiuti.

Il nuovo Zar si è ritrovato a scontrarsi con una fortissima contestazione esterna ed interna. Entrambe lo hanno preso alla sprovvista. Il mondo si è colorato di drappi gialli e blu, bandiere della pace e striscioni contro la guerra voluta dai potenti e odiata dai popoli. I social sono invasi da messaggi di solidarietà e di pace e artisti, organizzatori e famosi russi in tutto il mondo lasciano i loro ruoli in segno di protesta, non mancando le espulsioni forzate di organizzazioni russe e individui considerati troppo vicini al Cremlino. Le proteste interne vengono soffocate con la violenza e le intimidazioni, come vediamo a Mosca e San Pietroburgo, ma per ora i manifestanti resistono alla presenza opprimente della polizia. I cittadini al di là del confine non desiderano lo scontro con gli ucraini, che sono spesso fidanzati, coniugi, amici e parenti. Questa guerra è quindi ‘’fratricida’’ in tutti i sensi. I cittadini del paese attaccato non considerano nemici i russi, ma la Russia come entità militare che bombarda le loro città e oltrepassa le frontiere.

Manifestazioni per la pace a Palermo: Sky Tg24

 Arresti durante le manifestazioni in russia:                                         Il Fatto Quotidiano

Mentre di giorno in giorno la situazione evolve e niente risulta sicuramente prevedibile, restiamo col fiato sospeso vedendo la distruzione avanzare nei centri abitati, che si preparano alla battaglia per preservare le proprie case.

I colloqui diplomatici si tengono proprio in queste ore e gli occhi del mondo sono puntati sulla Bielorussia, che ospita le due delegazioni nemiche presso la regione di Gomel.

Dietro le previsioni di tipo militare, geopolitico, energetico e fiscale c’è il volto più umano e ‘’popolare’’ della guerra, fatto di milioni di civili spaventati che nascondono la testa sotto il terreno, in panico con sopra di loro i dardi che sferzano le case, le scuole, gli ospedali. Vediamo un volto fatto di centinaia di migliaia di profughi che tentano di attraversare il paese ed essere accolti dai vicini europei; un volto ferito dalla separazione delle famiglie e dalla partenza degli uomini chiamati alle armi per difendere un paese che ha provato sulla sua pelle la corruzione, la deriva autoritaria del potere, l’inimicizia etnica e un’opprimente crisi economica che ha fatto vivere lavoratori e imprenditori ucraini nel precariato.

Per difendere questa loro martoriata nazione, molti uomini e molte donne ucraine sono disposti a restare per combattere strada per strada, per impedire che le loro città diventino ‘’aperte’’ e a disposizione degli occupanti. La determinazione manifestata dai civili, in questo momento, fa pensare che, anche se il paese venisse militarmente messo in ginocchio, la perseveranza della resistenza all’occupazione potrebbe fare veramente la differenza.

Nonostante tutto, la vita avanza, come ci dimostra la nascita della piccola Mia, partorita nella metropolitana di Kiev che viene utilizzata come rifugio antiaereo. L’unica cosa che possiamo fare per lei è consegnarle, quando sarà grande, un mondo migliore di quello in cui è nata.

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