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Quando il silenzio vale più di mille parole

Chiudete gli occhi. Immaginate di essere a pranzo con gli amici, in giro con il vostro ragazzo o a casa con un vostro futuro figlio. Immaginate la loro voce, profonda o acuta che sia, porvi delle domande qualsiasi. Com’è andata la recita, cosa hai fatto nel weekend, qual è il tuo colore preferito. Domande così, ecco. Ora, immaginate di non poter rispondere. Non potete perché oggi avete già detto 100 parole, e negli Stati Uniti non è consentito dirne di più. Questo, però, solo se siete donne. I vostri amici, il vostro fidanzato, vostro figlio, loro ne avranno già dette almeno 14.000. È così che si sente Jean McClellan, la protagonista di Vox, il romanzo d’esordio di Christina Dalcher. Jean è solo una dei milioni di donne che, oltre alla parola, hanno dovuto rinunciare al lavoro, alla scuola, al passaporto e al cellulare. Ma dovrà essere lei a ribellarsi, per se stessa, per sua figlia, e per tutte le altre donna degli Stati Uniti.

Leggere questo libro non è stato semplice. Non perché fosse scritto in una maniera troppo pesante o complicata, anzi, l’ho trovato un libro molto scorrevole. Ma perché parola dopo parola, riga dopo riga, la rabbia che avevo cominciato a provare aumentava sempre di più, in compagnia del fastidio e della sfumatura azzurrina di tristezza. Ed è un bene, perché questo libro è stato scritto per farci arrabbiare e innervosire. È un libro per svegliarci e farci riconoscere ciò che, sebbene in una dose molto minore, è ancora presente. Ci ricorda di combattere per i nostri diritti, per i diritti di chiunque, uomo o donna che sia. E ci ricorda che, come ha detto Edmund Burke, “Perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all’azione”. Vox, con il suo tono provocatorio e a tratti sconvolgente, mi ricorda, anche per i temi trattati, 1984 di George Orwell. Infatti, come Winston Smith in 1984, Jean, originariamente una persona troppo impegnata per occuparsi di proteste e manifastazioni, si ritrova ad essere pronta a compiere di tutto pur di ribellarsi ed ottenere la libertà. Questo libro mi ha fatto riflettere su come, a volte, ci dimentichiamo di possedere una delle cose più preziose: la capacità di esprimerci, e di come ci dimentichiamo di utilizzarla per delle buone ragioni. Consiglio questo libro a chiunque voglia dedicarci qualche ora, uomo o donna, invitandoli ad arrabbiarsi ed innervosirsi com’è giusto fare di fronte alle ingiustizie.

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