Come diventare capo redattori: manuale d’uso

Avvertenza: maneggiare con attenzione

Care lettrici e cari lettori,

il 2024 sta bussando alla porta con incredibile insistenza. Potrei parlarvi della scia di sangue che il 2023 ha lasciato dietro di sé, tra femminicidi e guerre, ma ho deciso che, essendo questo l’ultimo editoriale natalizio, il tema sarà diverso. Tranquilli, il momento degli auguri non mancherà, così come il messaggio motivazionale per il 2024.

Vorrei parlarvi di cosa vuol dire essere capo redattrice, dato che a maggio sarò talmente tanto provata da ricordare a malapena il mio nome.

Ho ricevuto quest’investitura a 15 anni, poco prima di iniziare la terza liceo, da un’altra ragazza: Ginevra. Piccola avvertenza: non esiste il manuale perfetto del caporedattore, ci sono solo tante aspettative che vanno più o meno soddisfatte, a partire dalle proprie.

Innanzi tutto, nessuno specifica mai sul serio bene cosa voglia dire essere a capo di un gruppo di persone che possono anche essere più grandi di noi. Allerta spoiler: è veramente un casino. Alcuni nutrono rancore perché non sono loro a dettare le regole, altri invece preferiscono girare le spalle a chi hanno davanti perché lo considerano inesperto.

Non fa certo piacere vivere né l’una né l’altra situazione. All’inizio bisogna, spesso e volentieri, fare i conti con un clima pesante. Aleggia ancora nell’aria l’idea che solo colui che se n’era andato era in grado di fare il Capo. Credo sia abbastanza normale, ma per uscire da una situazione del genere si può solo andare avanti e chiarire che, inevitabilmente (a meno che non siate un clone di colui che c’era prima), si cambierà pagina. Ricordatevi sempre che è più facile recitare sentenze se non ci si sporca le mani, ma è ben più difficile ritrovarsi immersi in una situazione spiacevole e dover fare la scelta giusta.

Ecco, un altro punto importante: scegliere. Tendenzialmente nessuno si aspetta che in un ambiente scolastico uno sia posto di fronte a dilemmi esistenziali e invece… dal dare l’ok alla pubblicazione di un articolo al risolvere un dissidio interno, la mia posizione richiede uno schieramento continuo. O bianco o nero. O sì o no. Chi dà gli ordini non è un dittatore, ma l’ago della bilancia. Non è facile trovare il giusto equilibrio, specialmente nei primi tempi, ma è essenziale arrivarci.

Prendere decisioni fa male. Letteralmente: costituisce un’esposizione allo stress non indifferente. Non sempre ci si rende conto che chi ha tante responsabilità è costantemente esposto a questo genere di pressione, eppure è così.

Un altro punto del quale nessuno mai parla sono gli articoli. Chi li controlla? Chi corregge eventuali errori? Questo compito, indovinate un po’, aspetta sempre a me. In realtà potrei tranquillamente delegarlo a qualcuno, ma con gli anni ho scoperto di amare le anteprime dei miei redattori ed assistere alla crescita del loro stile.

Certo, a volte la vena omicida che emerge dopo ore e ore di correzione bozze è veramente alta, eppure vi garantisco che le soddisfazioni sono immense. Immagino sia un po’ quello che provano i professori quando i propri alunni svolgono un’esposizione particolarmente brillante.

A volte è dura spiegare come mai abbia corretto un errore piuttosto che un altro. Vorrei poter dire che correggo solo refusi o errori di battitura, ma non è così. Capita, raramente, di sottolineare notizie rivisitate o problemi di sintassi. È vero, a volte pretendo tanto, decisamente troppo (scusate ragazzi), ma lo faccio in buona fede: ci tengo tantissimo e dedico veramente anima e corpo nel correggere e leggere ciò che producono i miei redattori. Inoltre, noi rappresentiamo l’istituzione scolastica e abbiamo quindi una doppia responsabilità, verso di voi lettori e verso il Berti.

Essere capo redattori vuol dire prepararsi a rimuginare sulle decisioni prese, anche tardi. Vuol dire fare da mediatori e paceri, ma anche prendere posizione ed imporsi. Significa insegnare e ricevere insegnamenti.

Non so se in una realtà parallela riaccetterei l’incarico con la stessa leggerezza, perché adesso, dopo tre anni, so cosa vuol dire.

Il 2024 sta arrivando e con esso si avvicina la fine del mio mandato, un’avventura che è cominciata nel 2021. Sono certa che il mio successore, Alessio Loi, sarà più che all’altezza e che l’Eclettico, almeno per un altro anno, sarà di certo in buone mani.

Vi auguro buone Feste

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