La Tregua

La tregua è un film, tratto dall’omonimo romanzo “La tregua” di Primo Levi e diretto dal regista Francesco Rosi, che riuscì a ricreare le scene e i dialoghi tra i personaggi solo grazie al libro di Levi. Dopo 30 anni dall’uscita del libro, il cinema Massimo di Torino lo ha riproiettato per le scuole al fine di ricordare la Shoah e la persecuzione italiana dei cittadini ebrei.

Il film racconta il viaggio di ritorno di Primo verso Torino, la sua città natale. Descrive le avventure che l’autore ha avuto dopo aver lasciato il campo di concentramento di Auschwitz da parte dei tedeschi con l’arrivo dell’Armata Rossa. Non appena lasciò il lager un suo caro amico, Daniele, decise di bruciare fin da subito la divisa a strisce per dimenticare, anche se se lo porterà per sempre sulla pelle. Primo Levi e molti altri cercano allora di tornare nelle loro rispettive case, così comincia un lungo viaggio di ritorno che troverà molti ostacoli e imprevisti, tanto da doversi muovere molto spesso a piedi per raggiungere certe destinazioni. Il protagonista allo stesso tempo, durante il viaggio, ripensa e rivive certi momenti che ha vissuto nel Lager, tanto da tormentarli fino alla sua morte.

Egli durante il tragitto incontra varie persone, tra cui un greco, che gli fa da maestro per delle lezioni di vita e per aiutarsi a vicenda nella ricerca di un po’ di cibo. Il viaggio continua e sembrava non finire più, la strada sembrava allontanarsi sempre di più, infatti lo è stato; hanno dovuto deviare la strada, arrivando fino a Minsk in Russia dove ci fu il vero viaggio di ritorno.

Una delle soste più importati era a Monaco, dove Primo fece vedere il simbolo di Auschwitz a dei soldati tedeschi, che in segno di dispiacere e di scuse si inginocchiarono. L’ultimo punto di arrivo era a Torino, dove Primo ripercorre le strade verso casa sua, nella quale ritrova la madre e la sorella. Ritornato alla tranquillità nel suo ufficio ricorda la tragedia che ha passato, leggendo la celebra poesia “Se questo è un uomo“.

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi
.

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