Tarantino colpisce ancora!
Finalmente, dopo più di un anno di attesa, è uscito in tutte le sale italiane “C’era una volta a… Hollywood“, l’ultimissimo film del celebre regista Quentin Tarantino, che molto probabilmente conoscete già grazie ai suoi famosissimi “Pulp Fiction” e “Kill Bill“.Le mie aspettative erano difatti molto alte, anche perché i due protagonisti della storia, Rick Dalton e Cliff Booth, sono stati interpretati rispettivamente da Leonardo Di Caprio e Brad Pitt. Per evitare eventuali fraintendimenti e confusioni vi accenno, ovviamente senza spoiler, la trama, in modo che voi possiate capire al meglio ciò che andrete a guardare -e, più dettagliatamente, per evitare di farvi compiere il mio stesso errore di disinformazione, ma questa è un’altra storia-.
Ambientato nella California del 1969, la pellicola segue i giorni dell’attore di film western Rick Dalton e della sua controfigura storica -oltre ad essere autista a tempo perso- Cliff Booth, testimoni della decadenza della loro stessa carriera, minacciata da un nuovo tipo di cinema. Dopo vari episodi, anche molto ironici, interrotti da varie analessi e flashbacks, l’attore americano accetta, sia per lui che per il suo amico, di passare 6 mesi in Italia, per interpretare il ruolo da star dei film spaghetti-western. Sei mesi più tardi e con una moglie italiana in più i due protagonisti passano la nota e triste notte dell’8 agosto 1969 nella vecchia villa di Rick Dalton, vicino di casa del regista Roman Polański e di sua moglie, l’attrice Sharon Tate. Il film mostra così, negli ultimi venti minuti, una situazione ricorrente in altre opere del talentuoso Tarantino, come “Bastardi senza gloria“: un’ucronìa. Da Wikipidia, l’ucronìa è un genere di narrativa fantastica basata sulla premessa generale che la storia del mondo abbia seguito un corso alternativo rispetto a quello reale. In altre parole, cosa sarebbe successo se i seguaci di Charles Manson non si fossero introdotti nella villa del regista Polański ma, al contrario, in quella accanto? A questo può certamente rispondervi soltanto il film, che, ovviamente vi invito a guardare.
I personaggi, soprattutto i due protagonisti, sono caratterizzati da mille sfaccettature talvolta anche negative, come per l’attore western, il personaggio che, personalmente, ho preferito. Rick Dalton è infatti un personaggio squilibrato, insicuro di se stesso e pieno di pregiudizi, soprattutto riguardanti gli hippy. Sebbene sia quindi una figura del tutto negativa, grazie alla profonda analisi psicologica di Tarantino non ho potuto evitare di affezionarmi a lui, che con tutti i suoi problemi e insicurezze risulta quasi ridicolo e davvero esilarante.
Sebbene, contrariamente a molti altri film di Tarantino, sia una pellicola abbastanza lunga e, almeno per la prima metà, lenta, sostengo che queste caratteristiche siano un vantaggio, perché rendono lo sviluppo della trama più inaspettato e, quindi sorprendente, soprattutto poiché si tratta di un lavoro di un regista da cui siamo abituati a ricevere più violenza e meno parole. Dunque vi consiglio caldamente di precipitarvi al cinema prima che questo film esca dalle sale, perché vi assicuro che, soprattutto guardato sul grande schermo, ne vale totalmente la pena.