Che cosa mi ha trasmesso Dante?
In occasione del giorno in cui Dante incomincia, dalla selva oscura, il suo travagliato percorso, il 25 marzo, il Consiglio dei Ministri ha istituito il Dantedì, per celebrare appunto uno dei poeti più significativi dell’evoluzione della letteratura italiana. Sebbene io abbia già dato un piccolo contributo, scrivendo un commento su uno dei personaggi che preferisco -e potete farlo anche voi, consultando la circolare al riguardo- ho deciso di parlarne anche un po’ qua. La Divina Commedia è infatti una delle opere che noi studenti conosciamo di più, una di quelle che, a volte anche controvoglia, abbiamo spesso approfondito e analizzato. Trovo dunque doveroso dedicarle un po’ del mio tempo, soprattutto quando, in questo periodo, ne ho fin troppo a disposizione.
Quindi, possiamo quasi tutti affermare che il capolavoro di Dante ha occupato gran parte del nostro percorso scolastico, sia alle medie ma soprattutto al liceo. Ma che cos’è per voi la Divina Commedia? Che cosa rappresenta? In questa riflessione voglio lasciare perdere la straordinaria influenza culturale dell’opera, non perché non sia importante, anzi, ma perché credo che in classe ne abbiamo già trattato a sufficienza. Quello che invece mi chiedo io è: ci ha lasciato qualcosa? Ovviamente la risposta dipende poi dal singolo individuo, perché fortunatamente non ci è mai vietato di pensare con la nostra testa, ma permettete che condivida quello che ha trasmesso a me. Mi rivolgo soprattutto agli studenti più giovani, che forse non l’hanno ancora affrontata. Perché dovreste dedicarle di più della tipica, svogliata attenzione che solitamente rivolgiamo al 90% del nostro programma scolastico?
Mi piace definire la Divina Commedia come il secondo Harry Potter della mia vita. Che è tanto, detto da me. Se grazie ad Harry Potter mi sono innamorata della lettura e ho imparato il valore dell’amicizia e del coraggio, grazie a Dante ho riscoperto l’importanza del viaggio, piuttosto che della meta, e delle nostre scelte. Perché è così che io vedo la Commedia: come un lungo, importante viaggio. Durante il suo percorso, Dante non si è solo allontanato dal peccato per avvicinarsi a Dio. Ha incontrato un maestro, un uomo che stimava e che è arrivato a considerare come un compagno. Come un amico, grazie al quale ha imparato molto. E con lui, abbiamo imparato anche noi. Con Dante abbiamo ascoltato decine di storie, storie di guerra, di odio, di paura, d’amore. Abbiamo assistito all’ineluttabile e triste amore di Paolo e Francesca, all’ultimo, misterioso viaggio di Ulisse, alla tragica fine del Conte Ugolino e dei suoi figli. Abbiamo rincontrato i nostri vecchi eroi, che ci hanno reso orgogliosi. Altri, invece, ci hanno lasciato delusi. Siamo diventati testimoni delle sfaccettature più cupe dell’umanità, e di come questa, a forza di sofferenze e orrori eterni, si sfaldi, per lasciare posto alla cruda e terrificante bestialità. E di come a volte l’umanità debba essere abbandonata, per raggiungere scopi più alti. Con Dante non abbiamo forse scalato un monte? Credo che la Divina Commedia sia una storia. E, dalla mia esperienza, tutte le storie ti lasciano qualcosa. Credo che, come ho sconfitto Voldemort con Harry, sono arrivata fino alla fine del travagliato cammino con Dante. In fondo, lo considero come uno di quei tanti personaggi con i quali ho condiviso pensieri, dubbi, emozioni. È vero, a primo impatto la Commedia può sembrare il solito tomo che siamo obbligati a studiare per parecchi anni, ed è anche vero che potreste non trovarla entusiasmante come invece io la considero. Quindi no, non sto dando la certezza che piacerà a tutti, e nemmeno quella che vi rimanga qualcosa di più di semplice cultura letteraria. Ma vi assicuro che con me così è stato, e credo che valga la pena darle almeno una possibilità. Dopotutto, è proprio da una possibilità che inizia la Commedia, no?